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Storia di un Ordinario Ingegnere
[ Testo: Storia di un Ordinario Ingegnere ]
Nell'immaginario collettivo, effettivamente, l'immagine dell'ingegnere non spicca per brillantezza. Egli è riconosciuto come un genialoide e ci si fida di lui ogni qual volta si prende un aereo, si sale su una funivia, si passa su un viadotto o dentro una galleria.
Ma nella lista delle persone con cui si gradirebbe passare una serata, l'ingegnere viene poco prima del mostro di Milwaukee. Gli ingegneri sono realmente dei noiosissimi fanatici di motori a propulsione idrodinamica, o sotto la rude scorza di civili, elettrici,chimici, meccanici, nucleari e quant'altro si nascondono degli allegri simpaticoni? E in che modo saper risolvere un'equazione differenziale di quarto grado li aiuta nella vita di tutti i giorni?

DA BAMBINO
Ingegneri si nasce o si diventa? Né l'uno né l'altro. Quello che conta è nascere in una famiglia della serie "mio figlio sarà un ingegnere e io farò di tutto affinché ciò accada". Apparentemente simile ai suoi coetanei, dunque, a uno sguardo attento il bimbo predestinato è riconoscibile da alcuni particolari.

IL NOME
L'ovvia osservazione che nessun "Gigi" o "Pino" sarà mai un importante dirigente d'azienda fa sì che il genitore avveduto programmi persino il nome del nascituro, che non viene scelto dall'elenco dei Santi, bensì da quello dei premi Nobel. Più il nome è altisonante e più importante è il personaggio, maggiori saranno le aspettative dei genitori. L'educazione è una parte fondamentale del progetto "figlio ingegnere" e una delle più difficili da realizzare. Si tratta di far apparire interessante ed allettante una carriera da progettista alla Fiat.La tattica è semplice: si tratta di incensare Ingegneria e contemporaneamente gettare fango su tutte le altre facoltà e professioni,con frasi del tipo:"Guarda com'è robusto e alto quel signore, è senz'altro un ingegnere"."Dai cento lire a quel laureato in scienze politiche che chiede l'elemosina"."Guarda che carina quella bimba. Da grande diventerà sicuramente la moglie di un ingegnere ...". "Fai il bravo, altrimenti chiamo l'architetto!". Tra le mura domestiche verranno lette solo fiabe opportunamente modificate: Biancaneve e i sette ingegneri minerari, Cappuccetto Rosso e il Filosofo cattivo, Pollicino (con il rettore di Lettere nella parte dell'Orco). I papà più diabolici arriveranno anche a doppiare i film e il bimbo crescerà avendo come eroe l'Ingegner Rambo. Mentre i bambini normali fanno le battaglie con i soldatini, l'ingegnerino all'età di due anni ha già ricevuto una confezione da 20 kg di Lego, il Meccano, il Piccolo Chimico e ha dovuto firmare una dichiarazione in cui si impegna, prima di richiedere altri doni, a trovare il punto di fusione dello stagno e a costruire una riproduzione del ponte di Brooklyn in scala 1:10. E se proprio riesce a convincere i suoi a regalargli un bambolotto, si ritroverà ad essere l'unico bambino della compagnia a giocare con "Big Jim progettista", in giacca e cravatta e 24 ore in finta pelle. Quando tutti i bambini videogiocano con Lara Croft o Fifa 2000, l'ingegnerino passa le sue ore al computer a "divertirsi" con Autocad 14. Come salvarsi se vi chiamate Rubbia (di nome), se nella versione del Titanic che avete visto la colpa era di un cattivissimo architetto che aveva sabotato l'altrimenti magnifico piano dell'Ing. Di Caprio e se all'ultimo Natale vi hanno regalato un tecnigrafo, siete messi male. L'unica soluzione è far fuori mamma e papà. Del resto, il fatto che essi abbiano deliberatamente deciso di farvi perdere 5 diottrie e metà dei capelli entro i 24 anni,e di farvi passare il resto della vostra vita a progettare alberi a camme, costituirà sicuramente un'attenuante nel caso vi becchino. Ma attenzione: pensate prima a come mettere in pratica il vostro proposito. Se vi vengono in mente soluzioni efferate, passi. Ma se pensate di collegare alla maniglia della porta del salotto un'asta a bilanciere che, innestandosi in un toroide genera un impulso elettromagnetico che manda un segnale radiocomandato a un braccio meccanico che agisce sul grilletto di un fucile a precisione... Se pensate tutto questo, lasciate perdere: l'opera di ingegnerizzazione è stata completata e non c'è più niente da fare. L'università per il predestinato, l'iscrizione al Politecnico rappresenta solo un atto burocratico, una banale azione il cui risultato sarà il riconoscimento formale, da parte dello Stato, del suo essere un ingegnere. Cosa che, peraltro, egli sapeva benissimo di essere già dalla nascita. Pertanto la scelta della facoltà non è il risultato di dubbi angosciosi e di notti insonni passate a sfogliare i piani di studio di tutte le università italiane, da Araldica a Zoologia. No, andare all'università è una cosa che egli sa già fare, geneticamente, come dimensionare un flussometro o calcolare il logaritmo neperiano di 3.
Ma non tutti gli iscritti al primo anno di Ingegneria hanno la forza dei propri cromosomi dalla loro.

ANALISI
Mai nome fu più azzeccato: non si contano gli aspiranti ingegneri che finiscono in analisi dopo il 12° tentativo di passare l'esame. E in effetti questo esame è uno dei più grossi spartiacque del corso di laurea. Affrontare l'esame di Analisi 1 ha un che di epico, è un po' come una grande battaglia, ognuno ha la sua fetta di aneddoti più o meno grotteschi da raccontare. E, come le grandi battaglie, anche Analisi 1 ha i suoi eroi.
Pensate a Ciccio (non un gran nome per un ingegnere, ma tant'è ... ) che, dopo mesi di accurata preparazione, si presenta a dare l'esame, salutando gli amici al grido di" ho studiato tutto. L'unica cosa che proprio non so, sono i due teoremi di Lagrange. Non ho capito niente".... 15 minuti dopo Professore: "Buongiorno". Ciccio: "Buongiorno". Professore: "Dunque.... cosa potrei chiederle... mi dimostri il teorema di Lagrange". L'uomo comune inizierebbe a urlare, a balbettare patetiche scuse o a piagnucolare sul tono "le giuro che è l'unica cosa che non ho studiato, mi faccia un'altra domanda, la prego ... ".Ma Ciccio è un eroe e affronta la morte guardandola negli occhi:"Quale? Il primo o il secondo? ". "II primo". A questo punto la platea è conquistata e segue la vicenda col fiato sospeso, sperando nel miracolo. Ciccio è già entrato nel mito e, se cedesse, lo capiremmo. Ma lui no. Prolunga l'agonia e lotta fino all'ultimo. "Veramente il Primo non l'ho fatto". "Non importa. Mi dimostri pure il secondo". "Non ho fatto neppure il secondo. Vado? ". "Vada".
Applausi e pacche sulle spalle. Ciccio è anche il perfetto esempio di un'altra classe di laureandi: lo sfortunatissimo. Quello a cui chiederanno sempre l'unica parte che non ha studiato o, se ha studiato tutto, quella che ha capito un po' meno o, se ha capito tutto, qualcosa che non è nel programma o che non è neppure ancora stato dimostrato. Per questo, all'appello successivo, i Cicci combattivi si preparano sempre più meticolosamente, arrivando a telefonare ai pronipoti di Lagrange, per chiedere se per caso il loro trisavolo non avesse un terzo teorema gelosamente custodito nel cassetto (la probabile risposta sarà: effettivamente sì, l'abbiamo venduto ieri a un professore di Ingegneria, ha detto che lo avrebbe usato per un esame ... ) Alla fine però, stanchi di lottare, i Cicci di tutte le sezioni di Ingegneria si piegheranno al destino, accetteranno qualunque voto pur di porre fine al calvario e si laureeranno con un'immeritatissima media del 22.

SCIENZA DELLE COSTRUZIONI
Esperienza comune a tutti i corsi di laurea, è considerato dai professori e da una certa categoria di studenti come un esame fondamentale per la formazione del laureando. E' invece un orrido mattonazzo secondo altri studenti, quelli che hanno una vita. La materia insegnata varia a seconda del corso di laurea, così come l'insegnante. Ciò nonostante alcune peculiarità si manifestano trasversalmente in tutte le sezioni, da Elettronica a Gestionale: il professore ha 80 anni, un nome strano e ripete la stessa lezione, parola per parola, negli stessi giorni e alla stessa ora da 35 anni. Non esiste alcun libro su cui studiare. Oppure ce ne sono 12, da cui prendere a spizzichi e bocconi. Oppure ce n'è uno solo, ma è in tedesco, scritto a mano con calligrafia indecifrabile. L'esame comincia con la frase "Le chiederò qualcosa di facile ... " e finisce con lo studente in lacrime, giunto al livello più basso della sua autostima. Contrariamente ad Analisi, Scienza delle costruzioni è un esame che si passa alla prima. La variabile, in questo caso, è il tempo necessario per prepararsi. Ed è una variabile molto variabile: si va da tre settimane (il figlio del rettore) ad alcuni anni. In più è un esame letale per quelli successivi, perché in qualunque caso provoca reazioni scomposte dei professori e tre frasi tipiche: Per chi lo ha passato per un pelo: "Eh, ma lei mi ha preso solo 18 in Scienza delle Costruzioni, io non posso certo darle di più. Che figura ci faremmo?". Per chi lo ha passato alla grande: "Ma come?Lei mi prende 30 in Scienza delle Costruzioni e mi viene a dire che non conosce la teoria di Xrebohjhrtevic? Ma lo ha passato lei o un suo sosia?". Per chi non lo ha ancora sostenuto: "Ma come? Lei non mi ha ancora passato in Scienza delle Costruzioni e si presenta qui da me?".L'ultimo caso è il peggiore, perché a questo punto al povero studente tocca pure sorbirsi un'ardita metafora, diversa a seconda della sezione: (Civile) "Lei vuole costruire il tetto prima di aver gettato le fondamenta?". (Meccanica) "Lei vuole progettare il tergicristallo prima di aver dimensionato il motore?". (Chimica) "Lei vuole fare reagire lo stagno con l'uranio e invece usa il plutonio?" (metafora che non c'entra assolutamente niente; del resto i chimici sono gente strana).

L'ULTIMO ESAME
Il passaggio del tempo a Ingegneria è segnato dall'allungarsi dei nomi degli esami. Si passa da Fisica a Meccanica Razionale (strano nome che sottintende l'esistenza di una Meccanica Irrazionale) a Meccanica Applicata alle Macchine. E ultimo esame, pertanto, di solito si chiama "Ingegneria del Reattore Nucleare a Fusione" o "Teorie Cinetiche Applicate ai processi e prodotti chimici industriali". La prima parte del corso, quella più complessa, consiste nell'impararne il nome a memoria. La seconda parte è una prova di coraggio e fantasia: si tratta di presentarsi all'esame sapendo il meno possibile e di inventare la scusa più assurda per giustificare la propria totale impreparazione. A riprova del livello di ottenebramento psichico raggiunto, il laureando pretende non solo di passare l'ultimo esame senza sapere nemmeno di cosa parli, ma se prende meno di 28 si lamenta pure. D'altro canto, applicato nella vita di tutti i giorni, il ragionamento non è del tutto campato in aria: al bar, per esempio, dopo vent'otto birre si può sperare che almeno la ventinovesima sia offerta dalla casa.

LA TESI
È una specie di rappresentazione teatrale della vita che verrà, dell'impatto, ormai prossimo, dell'ingegnere con il mondo del lavoro. In quanto tale, i primi mesi di tesi vengono passati nell'inattività più assoluta (rappresentazione della disoccupazione). Poi a giocare a Tetris con il potentissimo computer acquistato per scrivere la tesi (periodo di formazione). Quindi ci si getta nella stesura della tesi vera e propria, con l'entusiasmo del neoassunto. Qualche mese dopo, da questo sforzo titanico uscirà un'imperdibile opera di 600 pagine, interessantissima già a partire dal titolo: "Influenza della pallinatura sulla resistenza a fatica di un composito a matrice metallica con fibre di rinforzo". Dopo aver speso novecentomila lire tra fotocopie e rilegatura, il quasi ing. si avvia orgoglioso in segreteria, consegnando la tesi con una settimana di anticipo rispetto alla scadenza, "cosi avranno il tempo di leggerla con più attenzione". Lì lo sbarbato vedrà che il suo prezioso lavoro verrà riposto in una campana di plastica bianca con la strana scritta "Solo Carta" e gli verrà consegnato un modulo in cui gli si chiede di esporre in tre righe titolo e contenuto della tesi. Tre! Riuscire a condensare in tre righe sei mesi di ricerche è un impresa che meriterebbe la laurea ad honorem in Lettere. Vista la lunghezza dei titoli, tra l'altro, si finisce con lo scrivere cose del genere: “Tìtolo: Analisi della fattibilità del progetto di contenimento dell'inquinamento acustico nelle immediate vicinanze dell'Aeroporto di Malpensa 2000, mediante l'installazione di barriere fonoassorbenti in silicato laminato. Contenuto: Fattibile". Dopodiché, 10 minuti di discorso dall'effetto più potente di un litro di valium e l'ingegnere è finalmente tale. Il suo destino è compiuto.

CERCARE LAVORO
Uh uh uh uh aha: illusione L'aspirante top manager convinto, se ne uscirà con frasi del tipo:"Mamma, oggi mi sono iscritto al quarto anno. Se passa Agnelli, digli che sono occupato, devo studiare, semmai lo richiamo. Anzi, sai che faccio? Stacco il telefono, così mi lasciano in pace". Dopo un altro anno abbondante, esaltato dalla laurea appena conseguita e ancora sull'onda dell'illusione "da incontro preparatorio", il neo ingegnere non accenna neppure a cercare lavoro. Se ne sta beatamente seduto ad aspettare che il lavoro cerchi lui. Dopo un mese di silenzio assoluto ha un'intuizione geniale: non lo cercano perché nessuno ancora sa della sua laurea; la grande mossa pertanto consiste nel telefonare alla Telecom per fare aggiungere un "Ing." davanti al suo nome nell'elenco. Dopo un altro mese passato nell'indifferenza generale, comincia a sospettare che il telefono sia rotto; acquista un cellulare e di tanto in tanto si chiama da solo per vedere se il telefono di casa funziona ancora.

I PRIMI CURRICULA
Al terzo mese, essendo un tipo sveglio, l'ingegnere capisce di essere stato preso per i fondelli e comincia attivamente a cercare lavoro, inviando tre curricula miratissimi: uno alla Nasa, uno alla fondazione Nobel e uno alla "Punzonatrici Rossi & Figli", una ditta con tre dipendenti e un fatturato annuo di 42 milioni ma con ottime caratteristiche pratico – logistiche (è a venti metri da casa).

ALTRI CURRICULA
L'invio di curriculum a raffica. È un'escalation: la prima settimana sono 50, poi 100, 200, 400 e così via, al punto che il primo anno di stipendio servirà solo a coprire le spese postali. Di rimando alle 700 lettere inviate arrivano ben quattro risposte: tre sono variazioni sul tema "La ringraziamo per l'interessamento e, volassero gli elefanti, prenderemmo in considerazione la sua proposta. Non ci scriva mai più!". La quarta lettera, miracolosamente, è l'invito a un colloquio.

IL COLLOQUIO
È uno scontro fra titani: il re della domanda subdola contro il principe della risposta ipocrita. Da una parte si esordisce con "Come mai ha scelto proprio la Jenningsen Technology?", dall'altra si pensa: "Perché, fra tutte le lettere mandate completamente a caso, siete gli unici fessi che mi hanno risposto" ma si risponde: "Le dirò, operare nel campo delle brocciatrici è sempre stato il mio grande sogno". "Stiamo cercando una persona dalla spiccata personalità ... ". "Non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno". " ... ma che sappia anche lavorare in team e riconoscere l'autorità dei suoi superiori". "Signorsì!". "Le piace viaggiare?". "Molto e credo che poter viaggiare per lavoro sia un grande privilegio". "Peccato, perché la sede di lavoro sarà nell'hinterland milanese". "da anni che desidero avere l'occasione per approfondire la conoscenza di Rozzano. A mio modo di vedere, una piccola Parigi". "Visto il particolare momento, lo stipendio che le potremo offrire per un periodo iniziale, diciamo per i primi dieci anni, non sarà elevatissimo". "L'importante è avere l'opportunità di fare esperienza in una società come la Vostra". L'ingegnere non viene scelto perché le sue capacità si adattano ai bisogni del mercato, bensì perché i suoi skills si adattano ai needs del market, come gli viene spiegato al momento dell'assunzione da un abbronzatissimo Head of Personal & Human Resources, generalmente di nome Rudy. Durante il primo mese, il neoassunto si mantiene sulla soglia di "produttività zero", passando il tempo a frequentare corsi in cui Rudy lo indottrina sulla storia dell'azienda, sulla mission e la vision dei dipendenti e sul motto aziendale, di solito up or out, perform or out o simili. In seguito la sua produttività reale resta ancorata a zero, ma quella fittizia (su cui fattura) si impenna esponenzialmente. Quello del consulente, infatti, è un lavoro inutile che consiste nel far credere a un imprenditore con trent'anni di esperienza di aver bisogno dei "consigli" di un pischello di venticinque anni.La carriera dell'ingegnere giustamente motivato sarà fulminea: partito come Junior Assistant Consultant, dopo due anni diventerà Assistant Consultant e in altri due Senior Assistant Consultant. Poi Consultant, Senior Consultant, Consultant +, Consultant con lode, Consultant Doppio Malto. Dopo 43 anni diventerà Manager e poi Partner e finalmente qualcuno gli spiegherà che cacchio di lavoro ha fatto fino ad allora. In cantiere all'ingegnere viene riservato lo stesso trattamento che si adotta con il nonno rompiballe che ancora si crede il capofamiglia. Egli passeggia per il cantiere, impartendo direttive ed è tutto un "Buongiorno ingegnere, certo ingegnere, sarà fatto, sissignore ingegnere". Mezzo secondo dopo che se n'è andato ci si dimentica di lui e dei suoi ordini e si riprende a lavorare sul serio.Il momento più alto è quando si tratta di eseguire dei calcoli vitali per il proseguimento dei lavori. Il cantiere è fermo,in trepida attesa. L'ing. consulta il manuale, gli appunti e le sue risorse mentali. Armeggia con un centinaio di strumenti ed emette il verdetto: qui ci vuole una putrella da 25,7 mm di diametro. Ed è vero. La putrella da 25,7 è perfetta per lo scopo. Anzi, lo sarebbe, se non fosse per il piccolo particolare che le putrelle da 25,7 non esistono. Ma all'ingegnere non importa, non è un problema suo se i produttori di putrelle non tengono conto delle esigenze del cantiere. Egli ha indicato la retta via, spetta agli altri trovare un modo per seguirla. Se fosse per lui, ne potrebbero anche ordinare uno stock su misura e se i costi del progetto dovessero raddoppiare, pazienza. Cos'è il denaro, di fronte alla perfezione di un pilone in cemento armato? A risolvere l'impasse, arriva l'operaio anziano che dà un'occhiata alle carte e butta lì un "è vero. Però anche quelle da 26 (esistenti) vanno benone".

IL NUCLEO FAMILIARE
La casa è un esempio di tecnologia applicata all'ordine e alla pulizia. Tutto è sempre lustro e funzionante; gli orologi spaccano il minuto, il rotolo di carta igienica è sempre all'inizio, le lampadine non si fulminano mai e comunque ce n'è un intero set di ricambio. La Tv è sintonizzata al millimetro, la dispensa è sempre piena e le porte non hanno mai cigolato negli ultimi 20 anni.
Tutto ciò grazie all'instancabile opera del padrone di casa: la moglie dell'ingegnere (la mamma, per i non coniugati). Tanto è preciso e puntiglioso sul lavoro, infatti, altrettanto l'ingegnere è goffo nelle faccende domestiche. Non è che l'ingegnere sia il tipico marito che se ne sta in panciolle a guardare la moglie che lavora, tutt'altro: tra i due è il più attivo nelle faccende domestiche. Il problema è una drammatica mancanza del senso della priorità. C'è il rubinetto che perde? Certo, è un fastidio, ma prima c'è da finire di montare l'impianto di innaffiamento automatico in giardino. L'orologio a pendolo è fermo da un mese? È un guaio, sì, ma che verrà definitivamente risolto il giorno in cui terminerà il progetto di collegamento via satellite tra la tv del salotto e una telecamera appositamente puntata sul Big Ben. L'ingegnere che sfrutta le sue nozioni per un lavoro utile è un fenomeno della natura raro e spettacolare come un'aurora boreale e, per giunta, sospetto. La moglie che, tornando a casa, vedrà il marito intento ad aggiustare la caldaia (nonostante il marchingegno per aprire le persiane stando a letto sia ancora da finire) non esulterà di gioia, ma lo affronterà chiedendogli: "Su, confessa! Cos'hai da farti perdonare?".Per quanto l'aver sposato un ingegnere denoti una forte vena masochista, non si può non compatire la poveretta quando,chiedendo al marito "Hai visto dov'è l'accendigas?", si sente rispondere: intendi forse l'attuatore piezoelettrico?". E' lei che in vacanza riesce a fingere entusiasmo quando le si propone:"Cara, che ne dici di fare quella deviazioncina di cui ti parlavo? Sai, c'è la più grande centrale idroelettrica del Sudest asiatico, sarebbe un peccato essere a soli 400 km e perdersela ... ".

I FIGLI
Due. Sempre. E, venendo al punto, l'ingegnere pianifica proprio tutto, anche il numero di figli. L'ingegnere si fa recapitare a casa l'ultimo "rapporto nascite" dell'Istat, squarcia il pacco, apre il tomo e, terrore, sgomento e disperazione, legge che la famiglia italiana ha, in media, 1,73 figli. Che fare? Dopo un primo attimo di sconforto, in cui impreca contro il destino porco che gli impedisce di essere in media, prende la calcolatrice e scopre che, se dovesse fare due figli, la media italiana salirebbe a 1,73000001666. "Vada per due", dice allora alla consorte, simulando serenità. Ma la verità è che non riuscirà mai ad amare davvero quello 0,27 in più del secondo figlio, corrispondente all'incirca al pezzo di gamba tra piede e ginocchio. "Papà, mi sono rotto la tibia" dice il secondogenito, telefonando dal campo di pallone. " Ben ti sta, così impari a rovinare la media", pensa il papà, mentre accorre per portarlo all'ospedale.

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